La Sindrome di Ellul

La notizia è di poche settimane fa. La Polizia di Stato del Kentucky ha arrestato sabato due persone della Contea di Russell con l’accusa di abuso sui minori. Si chiamano Emily McKinney di 27 anni, e Joe D. Johnson, 30 anni, e sono stati arrestati dopo un’indagine che ha rivelato che il loro cane aveva attaccato il figlio di 10 mesi provocandogli gravi ferite.
L’arresto è però dovuto soprattutto al fatto che i due hanno mentito incolpando un cane randagio inesistente.

Emily McKinney e Joe D. Johnson
Emily McKinney e Joe D. Johnson

Per tre giorni la polizia ha perlustrato l’area alla ricerca di questo cane pericoloso per poi scoprire che il colpevole era il cane che apparteneva alla coppia. Sono stati quindi accusati anche di falsa testimonianza e procurato allarme che hanno comportato lo spreco di risorse da parte dei soccorritori locali per cercare un cane randagio che non esisteva.

È una notizia che riporta alla memoria l’Affaire Elisa Pilarski avvenuto in Francia ma che tanto eco aveva avuto anche in Italia alla fine del 2019. È la storia di una donna incinta di sei mesi che aveva portato il pitbull del suo compagno a fare una passeggiata nel bosco di Retz ed era poi stata ritrovata morta sbranata.
Il compagno, e padre del bambino, Christophe Ellul aveva incolpato i cani di alcuni cacciatori presenti nei pressi del luogo dichiarando di aver parlato al telefono con Elisa pochi durante l’attacco ed escludendo ogni possibilità che la responsabilità fosse del suo pitbull. Era stata perfino lanciata una raccolta fondi, che ha fruttato 7.000 euro, per raccogliere soldi per la difesa del cane pitbull.

Elisa Pilarski, Curtis e Christophe Ellul
Elisa Pilarski, Curtis e Christophe Ellul

Le indagini hanno poi chiarito che il cane Curtis era l’unico autore dei morsi che hanno causato il decesso: i morsi individuabili sono compatibili con la mascella del solo Curtis e non dei cani dei cacciatori che pure erano stati controllati. Sul corpo della vittima era presente solo il DNA del pitbull di Ellul, così come sulla bocca del cane era presente solo il DNA della donna.
Definitiva è stata poi l’analisi del telefono cellulare di Elisa Pilarski in cui è stato trovato il messaggio che Ellul aveva le aveva inviato durante l’aggressione: “Lo faccio sopprimere”.

Una menzogna enorme per salvare il proprio cane nonostante sapesse che fosse l’assassino della sua compagna e del suo futuro figlio.

Come nel caso del Kentucky ci troviamo di fronte a un proprietario di cane arriva mentire, anche alla polizia, pur di continuare a vivere con l’animale che ha attaccato o ucciso la persona amata. Un comportamento agghiacciante che andrebbe studiato sul piano psicologico oltre che criminologico. Ci è sembrato necessario dare una nome a questo grave disturbo psichiatrico, l’abbiamo chiamato Sindrome di Ellul.